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il cioccolato di modica

Il cioccolato di Modica è una varietà di cioccolato ottenuta da una particolare lavorazione "a freddo" che esclude la fase del concaggio, impedendo che lo zucchero si amalgami al cacao e rendendo il blocco di cioccolato granuloso.

Nel 2018 il cioccolato di Modica ha ottenuto dall'Unione europea il riconoscimento di Indicazione geografica protetta (IGP).

Alcune fonti riportano che durante la dominazione degli spagnoli in Sicilia nel XVI secolo tale lavorazione fu introdotta dagli stessi ispanici nella Contea di Modica[3], a quel tempo il più importante stato feudale del sud Italia dotato di autonomia amministrativa, e la preparazione del cioccolato fu primordiale in Sicilia.

I conquistadores spagnoli appresero dagli aztechi la tecnica di lavorazione delle fave di cacao mediante l'utilizzo della metate, un tipo di macina di pietra utilizzato per la lavorazione di cereali e semi, e la portarono a Modica.

Rimane assodato che non sia invece possibile sostenere che il Cioccolato di Modica derivi da una ricetta Azteca in quanto gli Aztechi non producevano barrette di cioccolato in forma solida e in quanto non conoscevano l'esistenza dello zucchero (ingrediente fondamentale del Cioccolato di Modica.

Per tutto il Cinquecento il cioccolato rimane un'esclusiva della Spagna, che ne incrementa le coltivazioni. La tradizionale lavorazione per la produzione delle tavole di cioccolato solide, viene importata nella Contea di Modica, allora protettorato spagnolo. Tale lavorazione dà origine allo xocoàtl, un prodotto che gli abitanti del Messico ricavavano dai semi di cacao triturati su una pietra chiamata metate, prodotto che ormai si produce nella sola Modica in Sicilia.

In realtà, Modica era già un centro amministrativo ed economico rilevante e la concentrazione di pasticcerie e cioccolaterie favorì la creazione di un distretto produttivo che divenne noto per la qualità del prodotto; lo stesso Leonardo Sciascia citò il cioccolato di Modica, paragonando la produzione a quella della città spagnola di Alicante, non tanto per la lavorazione quanto per la disponibilità di varianti aromatizzate alla cannella e alla vaniglia.[11][12]

Attualmente esistono tracce di questo tipo di lavorazione in Spagna (el chocolate a la piedra), oltre che nelle comunità indigene di Messico e Guatemala.

Lavorazione

La massa di cacao, ottenuta dai semi tostati e macinati (detti localmente caracca) e non privata del burro di cacao in essa contenuta, viene riscaldata per renderla fluida. Ad una temperatura non superiore a 40 °C viene mescolata a zucchero semolato o di canna, e spezie come cannella, vaniglia, zenzeropistacchio di Bronte o peperoncino, oppure con scorze di limoni o arancia. Il cioccolato rimane comunque con elevate percentuali di massa di cacao, minimo 50%, anche nelle versioni "classiche" fino ad arrivare alle versioni purissime con 99% di massa di cacao.

Nella lavorazione a mano la massa veniva deposta su uno spianatoio a mezzaluna, detto a valata ra ciucculatta, simile all'originario metate, costruito interamente in pietra lavica e già riscaldato, e poi veniva amalgamata con il pistuni, uno speciale mattarello cilindrico di pietra di diverso peso e spessore in rapporto alle fasi di lavorazione e cioè la prima, la seconda e la terza passata, fino alla raffinazione che prendeva il nome di stricata. Oggi in molti laboratori queste fasi di lavorazione sono effettuate da più moderne temperatrici.

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